Le teorie dell’organizzazione che si sono avvicendate hanno da sempre avuto come paradigma di base l’idea di strumento. Per quanto evoluto, il concetto che ha guidato l’interpretazione del fenomeno resta di di stampo finalistico/meccanicistico.
Finalistico nel senso di organizzazione come utile ad uno scopo specifico: fare soldi, produrre qualcosa, servire qualcuno.
Meccanicistico nel senso che questa utilità è realizzata con uno strumento che “funziona” in un certo modo.
La letteratura odierna pur spingendo verso modelli più evoluti, non va oltre il concetto di strumento, fenomeno deterministico.
Si tratta di un dibattito che va ben oltre le organizziamo, intendiamoci. Anche la fisica moderna con i suoi relativismi resta dentro una prospettiva deterministica.
Ma se è così, la persona quale reale azione può muovere se anch’essa è parte di questo universo di regole a priori?
Non ho la risposta a questa domanda ma propongo uno sguardo che possa offrire uno spazio di azione.
L’idea di organizzazione come Polis, consente di spostare il focus dal funzionamento alla essenza, al Telos.
La Polis greca nasce dentro un contesto in cui l’Uomo è ritenuto libero a priori. Si tratta di una libertà non egotica e assolutistica come quella che propugniamo oggi, ma piuttosto partecipante, tesa ad incidere sul reale per creare benessere per tutti.
Sul piano delle formule non siamo nella dicotomia fra oligarchia e democrazia (parallelo: organizzazione gerarchica vs collaborativa), ma in quella dimensione propedeutica chiamata isonomia (dal greco isos: “uguale” e nomos: “legge”).
Nella Polis la persona è cooptata sempre perché è, nella dimensione sociale, agente delle “procedure” di convivenza.
Ci sono due avvertenze ulteriori per capire la Polis: non siamo nel contesto antropocentrico attuale. Non c’è polis, socius, che non sia inserito nella natura: che non sia Natura.
Inoltre la cosmologia greca, non teleologica, non finalizzata, non “percorso verso qualcosa” (salvezza, progresso), era in grado di scongiurare ogni tensione parassitaria verso altre persone e verso il contesto.
Ho preso a lavorare su questa opzione per due ragioni: la prima è che trovo frustrante un paradigma deterministico dove, di fatto, quello che pensiamo, agiamo, è stretto dentro una serie limitata e prevedibile di opzioni. E tutti i modelli che si susseguono da un po’ sono figli di questa filosofia di fondo.
La seconda è che sento il bisogno di ricordare alla organizzazioni di essere degli agenti sociali tutt’altro che neutri. La loro filosofia latente agisce, promuovendo azioni con impatto su tutti. A poco servono le campagne marketing, ma piuttosto una nuova prospettiva di cosa vuol dire fare ed essere organizzazione .
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