
L’ermeneutica è la pratica che ci può aiutare a capire l’organizzazione?
Fare interpretazione di questa cicca che kafka ci ha lasciato, vuol dire impegolarsi in molte interpretazioni che si sono affastellate nel tempo.
Ma propongo una mia chiave di lettura.
(Leggilo qui: Davanti alla Legge)
La legge per il contadino è forse più di una mera richiesta di giustizia, ma piuttosto potrebbe simboleggiare una conoscenza, una consapevolezza a cui tendere, tale da rendere l’Uomo più “padrone” di sé stesso.
Il guardiano è a sua volta una figura poco lineare.
Pone resistenze, più che veti netti, e lascia il contadino nel dubbio se percorrere quel cammino abbia senso.
Il guardiano sostiene che “per il momento” non può farlo passare.
Non può: non ne ha il potere.
Nessuno ce l’ha, solo il contadino può prendere questa decisione.
Ed in effetti nel finale questo passaggio si comprende meglio: quell’entrata era solo per lui, “nessun’altro poteva ottenere di entrare da quella porta…”
Ottenere da sé stessi, quindi, di procedere nel viaggio che ci è dato di percorrere, verso una consapevolezza che non può essere delegata a nessuno, e che pone certi ostacoli.
Metafora esistenzialista quindi, con forti toni psicoanalitici (la sfera temporare sembra portare a pensare che quel viaggio non sia mai compiuto una volta per tutte, e che ad una porta ne sarebbe poi venuta un’altra, e poi ancora…), in cui le resistenze poste dal guardiano sono poi spesso quelle che abitano il teatro del nostro inconscio, e non solo.
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A questa interpretazione ne potrebbero essere facilmente contrapposte altre più storiciste, sociali, antropologiche.
Ogni esercizio ermeneutico risente sempre della prospettiva in cui il soggetto compie quella “traduzione”. E ciò va più che bene quando quando l’esercizio è su temi che possono, anche solo per poco, confinarsi nella esperienza del singolo.
Ma quando gli “oggetti” da interpretare sono collettivi?
Una strategia, dei valori, parole chiave come persona, performance, sostenibilità?
Come possono queste parole, e quelle che vi sono collegate come precipitato più o meno immediato, essere considerate pacifiche, immediatemente colte come senso generale, dal significato oggettivabile?
E se oggettive quindi non sono, come possiamo pensare che da queste possano conseguire azioni coerenti, in cui quella specifica comunità si possa riconoscere?
Che ne dite?
Come si può in azienda, e nei contesti sociali qualificare meglio l’apporto di una dialogia aperta e consapevole, mentre i numeri prospettano (ci ingannano) di poter riassumere la “realtà” una volta per tutte?
L’ermeneutica è la pratica che ci può aiutare a capire l’organizzazione!
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