Torno sulla questione della Leadership che nei giorni scorsi ha prodotto un bel dibattito in un post pubblicato in precedenza.
La premessa che faccio per affrontare questo tema è simile a quella che ho avanzato parlando di organizzazioni due settimane fa.
Queste, si dice oggi, funzionano; e su questo assunto si affastellano le teorie ed i modelli, perlopiù di orientamento auto-poietico.
La stessa sorte sembra spettare al ruolo di questo strano e, pare, obsoleto attore: il leader. Anche lui funziona. A patto di “fare in un certo modo”: comunicare bene, ascoltare, dare feedback.
Tutte cose vere, intendiamoci, ma limitate ad uno schema di azione dentro una più che sfumata, e realmente mai posta, intenzione.
Ma, a meno di non considerarla come mero strumento manipolatorio per far fare qualcosa a qualcun altro (influenzare: ricorda qualcosa?), la leadership in questi termini è doppiamente, un soggetto che ha come “target” un oggetto: l’altro. Ma è essa stessa oggetto, in uno strano sistema in cui quest’ultimo è (sembra essere) il vero soggetto, perché causa prima.
Ma davvero si può ridurre ogni attore (persona) a mero strumento in un sistema meccanicistico? E la libertà di scegliere, pensare, fare?
In questa mia “seconda navigazione” (per chi conosce Platone saprà cosa intendo) non riesco più a guardare a questi contesti isolandoli dalla dimensione della Intenzionalità.
Quindi la domanda da cui muovo è piuttosto: perché serve, se serve?
Aristotele, nella sua Etica Nicomachea, propone un contesto “pratico-intenzionale” della relazione uomo-mondo, avente come oggetto finale – scopo – il mondo.
Prima questione interessante e davvero contro-intuitiva rispetto all’etica odierna che invece sovverte quel rapporto, per cui il mondo diviene risorsa per l’uomo, il quale è scopo a sé stesso.
Per lo stagirita, obiettivo della filosofia infatti è la creazione di una “vita buona” (non è questa la premessa per organizzazioni che vogliono fare bene e durare nel tempo?).
La seconda questione, conseguente alla prima, attiene al modo in cui quell’uomo opera al fine di produrre effetti. Cioè nella complessa interazione fra il Pathe – passione (motivazione) ed il Logos – consapevolezza (efficacia).
Ecco cosa credo debba e possa fare un leader, come Aristotele stesso faceva: guidare le persone nell’equilibrare passioni generative, come il senso del lavoro che fanno, ed il ragionamento razionale, che produce “dominio” delle azioni e dei risultati possibili.
Il tutto al fine di creare un mondo (organizzazione) migliore per i suoi abitanti (collaboratori, clienti, cittadini, ambiente).
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