Ecco cosa credo debba e possa fare un leader, come Aristotele stesso faceva: guidare le persone nell’equilibrare passioni generative, come il senso del lavoro che fanno, ed il ragionamento razionale, che produce “dominio” delle azioni e dei risultati possibili.
Il tutto al fine di creare un mondo (organizzazione) migliore per i suoi abitanti (collaboratori, clienti, cittadini, ambiente).
Le teorie dell’organizzazione che si sono avvicendate hanno da sempre avuto come paradigma di base l’idea di strumento. Per quanto evoluto, il concetto che ha guidato l’interpretazione del fenomeno resta di di stampo finalistico/meccanicistico.
Ma se è così, la persona quale reale azione può muovere se anch’essa è parte di questo universo di regole a priori?
L’idea di organizzazione come Polis, consente di spostare il focus dal funzionamento alla essenza, al Telos.
La Polis greca nasce dentro un contesto in cui l’Uomo è ritenuto libero a priori. Si tratta di una libertà non egotica e assolutistica come quella che propugniamo oggi, ma piuttosto partecipante, tesa ad incidere sul reale per creare benessere per tutti.
Siamo diversi, unici? O forse siamo preziose variazioni di un tema comune?
Come facciamo a trovare definizioni che valorrizino la nostra specificità, senza accentuare le divergenze?
Come possiamo adottare una visione che consenta di sentirci legati l’uno all’altro/a senza disperdere la nostra essenza?
Proviamo ad arrivarci attraverso due tesi, ed una sintesi.
In tutta questa storia di de-costruzione di quel Ego trionfante, ingenuo, superstizioso, arriviamo ad oggi e alle declinazioni di centralità della persona.
Un sussulto narcisistico con il quale apriamo ogni conversazione, seminario, convegno oggi. Non c’è campagna, people strategy, tavola dei valori, che non si ispiri a questa definizione.
Quali manager, executive, imprenditori, consulenti, come possiamo costruire imprese veri attori sociali dove la persona è matura, responsabile, enzima di un ecosistema anziché predatore?
Il dubbio cartesiano ha come fondamento un quesito ben più pregnante, che è l’istanza sostanziale di tutta la filosofia, ben riassunta da Kant nelle sue tre domande sul senso della Vita: che cosa posso sapere? che cosa devo fare? Che cosa mi è lecito sperare?
Cosa vuol dire per le organizzazioni praticare il dubbio metodologico?